TerritoRioT #0

In questo numero 0:

L’editoriale

TerritoRiot è l’acronimo tra Territorio e
Riot (dall’inglese rivolta). Questa vuole essere un’occasione per conoscere e
ragionare sulle tante lotte per la difesa dei territori che in questi ultimi
anni stanno attraversando l’Italia tutta. Lotte che hanno un unico
denominatore: il rifiuto di un modello di “sviluppo” fatto di imposizioni e
devastazioni. Lotte e vertenze che non mancano in questa Calabria, perenne
terra di conquista, oggi più che mai oggetto di interventi che se non
efficacemente contrastati, comprometteranno definitivamente ogni equilibrio
ecologico e sociale, rendendo del tutto invivibili le condizioni delle
popolazioni che vi risiedono.

Come MDT-Calabria siamo nati cercando di
opporci a quella che ci sembrava una follia: il raddoppio dell’inceneritore di
Gioia Tauro. Abbiamo iniziato ad informarci e a guardarci intorno per
apprendere dalle altre esperienze. Abbiamo cominciato a sentire parlare di
emergenza ambientale, a capire quanto fosse funzionale alla costruzione di
inceneritori ed al proliferare di discariche, legali e abusive. Seguendo il
filo di questi interessi, e di chi continua a sostenere che gli inceneritori
valorizzano e che i rifiuti sono fonte energetica rinnovabile, ci siamo
imbattuti nei grossi appetiti del capitalismo energetico che vuole imporci il
più grande rigassificatore tra quelli previsti in Italia, insieme ad una
miriade di centrali, tra biomasse, turbogas e carbone, in una regione che già
esporta più del 30% dell’energia prodotta. E poi i singolari intrecci che
mischiano l’elettricità con i rifiuti e l’acqua, nell’unico grande business dei
servizi pubblici locali – sempre meno pubblici e ancor meno servizi – dove a
farla da padrona c’è la francese Veolia, la più grande multinazionale del ramo,
cui sono state svendute le nostre risorse idriche, come già altrove in Italia,
aumentando tariffe e disservizi, ma in un contesto, qui, dove spesso farsi una
doccia è un lusso.

Ed ancora il solito, tremendo, business
del cemento armato e delle piccole, grandi e grandissime opere: per inseguire
un allucinante miraggio, ci vogliono seppellire vivi tra i piloni del Ponte
sullo Stretto, ma prima ancora prospettarci un futuro prossimo d’interminabili
cantieri, come quelli della famigerata A3, senza risolvere e anzi aggravando il
problema di come spostarci da paese a paese, da costa a costa, o di partire e
ritornare in condizioni di viaggio dignitose e umane.

Per non parlare infine di porti e zone
franche, ovvero di Gioia Tauro “volano dello sviluppo regionale”, tanto
magnificato da istituzioni e grandi imprese quanto terribile nelle condizioni
neoschiavistiche che vi s’impongono ai lavoratori, ostaggi di una terra che
paga caramente la propria fame di occupazione e benessere…

Ma anche se lo scenario è assolutamente
sconfortante, proprio quelle comunità che hanno deciso di non svendere la loro
terra, le loro radici, il loro futuro, ci hanno trasmesso la voglia di
resistere e continuare a lottare. Perché il futuro è solo nelle nostre mani.

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